"[...] arrivò il '68 e da allora vige e impera la demagogia scolastica. Della quale sono finalmente venuti i nodi al pettine .
I fattori distorsivi specifici sono 3: primo il sessantottismo, esiziale perché ha predicato l'ignoranza del passato, recidendo quella trasmissione del sapere che dovrebbe essere la prima missione dell'educatore; cavalcando la tigre dell'antielitismo, ha distrutto il principio del merito producendo la società del demerito che premia i peggiori e gli incapaci a danno dei migliori.
Secondo fattore il progressivismo pedagogico (largamente di ispirazione psicoanalitica) [...] che, sull'impulso del celebre dottor Benjamin Spock, ha convertito al permissivismo tutte le madri dell'occidente con la dottrina che il bambino non doveva essere frustrato da punizioni. Prima la scuola si reggeva sull'alleanza maestri-genitori. Ora i maestri che resistono all'andazzosono lasciati soli e vilipesi come repressivi.
Secondo fattore il progressivismo pedagogico (largamente di ispirazione psicoanalitica) [...] che, sull'impulso del celebre dottor Benjamin Spock, ha convertito al permissivismo tutte le madri dell'occidente con la dottrina che il bambino non doveva essere frustrato da punizioni. Prima la scuola si reggeva sull'alleanza maestri-genitori. Ora i maestri che resistono all'andazzo
C'è infine un fattore che sfugge ai più: la teoria della società post-industriale come società dei servizi fondata su alti livelli di istruzione; ma il post-industriale non doveva e non poteva sostituire l'industriale, nocciolo duro della produzione della ricchezza. La società dei servizi si trasforma in una società parassitaria di piena occupazione fasulla. Proprio l'idea di siffata società, in cui nessuno si sporca le mani, alimenta l'insensata corsa al titolo universitario.
Ma è proprio necessario che tutti vadano all'università? C'è chi proprio non è tagliato per gli studi superiori, che si sono abbassati per accoglierlo.
Più si moltiplicano gli attestati che creano alte aspettative, e più creiamo legioni di scontenti senza lavoro, o costretti a un lavoro che considerano indegno del loro rango."
(G. Sartori, "Corriere della Sera")
Dietro tutte queste belle parole logiche e consequenziali, c'e' il solito e subdolo attacco all'istruzione pubblica e universale di un adoratore (nonchè fruitore) del sistema universitario privato ed elitario americano.
RispondiEliminaParlo del terzo punto sollevato da Sartori.
Prima di tutto, che gli studi superiori si siano abbassati è tutto da dimostrare, vista la competitività internazionale dei laureati italiani (almeno nei settori scientifici), e visto l'alto tasso di abbandono (se i livello fossero così bassi come dice, allora dovrebbe essere nullo).
Ma più subdolo è il discorso del "non siamo tutti tagliati per l'istruzione superiore". Di per sè questa affermazione è vera, ma pone molti problemi. Come li filtriamo i non adatti? Aumentiamo le tasse a chi sfora? Così solo i figli dei ricchi potranno permettersi di andare fuori corso? E gli studenti lavoratori (che per forza di cose ritardano gli studi) dove li mettiamo?
Ogni limitazione dell'accesso all'istruzione superiore nasconde sempre un discorso classista. D'altra parte, in Finlandia, Svezia, Germania e Austria (per citare i soliti noti), dove l'istruzione è gratuita (o quasi) non esistono problemi di meritocrazia e occupazione ai livelli italiani. E se prendessimo loro come modello invece di proporre le solite formule "meritocratiche" neoliberiste?
Abbiamo citato l'articolo di Sartori per un motivo ben preciso: mette in evidenza i problemi oggettivi della scuola e dell'università italiane. Questi problemi sono sotto gli occhi di tutti.
RispondiElimina1. Non è detto nell'articolo, per lo meno non nelle parti citate da noi, che l'istruzione pubblica debba abdicare in favore della privata (che Sartori lo pensi o no non ci interessa). Infatti noi siamo per l'università pubblica (e contro la 133: http://augustomovimento.blogspot.com/2008/10/legge-133-che-taglio.html), ma per un'altra università pubblica, efficiente e veramente meritocratica (se vuoi possiamo approfondire la questione).
2. Che la qualità dell'insegnamento e della preparazione (di studenti e professori) si stia abbassando è evidente, e le graduatorie europee, ahimè, lo confermano. Non siamo ai livelli dell'Uganda, ma non abbiamo più un'istruzione all'avanguardia come in tempi passati e non sospetti (dalla Riforma Gentile in poi). Che vi siano studenti valenti e ricercatori capaci è vero, verissimo: purtroppo però si tratta di casi isolati, dove ad emergere è più il genio isolato dell'uomo (tratto tipicamente italico) che non un programma organizzato e concertato di educazione e formazione.
3. Sul discorso della SELEZIONE e del MERITO, mi dispiace, non si può transigere. Nessuno ha qui proposto aumenti di tasse - in questo concordiamo - perché altrimenti in effetti solo i più abbienti potrebbero consentire ai propri figli di frequentare l'università. Al contrario crediamo che lo sgravo delle tasse per i più capaci - e si può calcolare chi sono, magari con qualche margine d'errore, ma si può - sia una possibile soluzione. Tuttavia la selezione dovrebbe cominciare già dalle scuole secondarie: solo i più valenti, quindi, arriverebbero all'università, nella quale - qualora dovessero continuare ad eccellere - dovranno essere ulteriormente agevolati. E poi sarebbe un bene che, invece di creare eserciti di scontenti e semi-incompetenti col pezzo di carta, questi giovani colmino - a seconda delle attitudini - le falle dei settori nei quali è richiesta manodopera e che noi, a nostro dànno, lasciamo agli immigrati. Non è un disonore il lavoro manuale, anzi! ma bisogna superare questo grossolano e ingiustificato snobbismo, non alieno dopo tutto a molta sinistra: l'operaio lotta per diventare padrone (e magari sfrutterà a sua volta i nuovi operai).
In conclusione, rifiutiamo sia formule neoliberiste che paleo-comuniste o, peggio, conservative (dello status quo attuale) di stampo cigiellino.
Se vuoi sapere a quali princìpi ci ispiriamo per l'istruzione, puoi leggere questo nostro vecchio post (http://augustomovimento.blogspot.com/2008/10/leducazione-da-le-bon-gentile_31.html), oppure attendere nuovi articoli sull'argomento (che ci saranno).
Concordo con quanto detto da sartori sulla società dei servizi! d'altronde non tutti possono lavorare nel terziario o dietro una scrivania...la società non ha bisogno solo di studenti ma pure di manovali, operai, idraulici, tassinari ecc...
RispondiElimina...ma una società industriale non può basarsi sui manovali. Innanzitutto, la percentuale dei laureati in Italia è (tanto per cambiare) tra le piu' basse dell'OSCE (mi sembra il 12% contro il 33% USA, 50% del Giappone, 40% dei paesi scandinavi e così via): da noi gli studenti dovrebbero aumentare, non diminuire, ed essere incentivati a finire gli studi.
RispondiEliminaUno dei problemi piu' grandi dell'italia è la frammentazione e la provincializzazione del sistema di produzione privato. Non esiste UNA sola azienda farmaceutica o tecnologica italiana (per fare un esempio) in grado di competere sui mercati internazionali. La scarsità di investimenti PRIVATI in questi settoro determina il fatto che chi si laurea in medicina o ingegneria in ITALIA ha meno possibilità di trovare lavoro una volta finiti gli studi, cosa che riduce il valore e l'attrattiva del titolo di studi.
Ma uno stato come l'Italia, dove la manodopera locale non è a basso costo, non può fondare la propria economia (come ha fatto per anni) sulla produzione di scarpe e borsette, visto che, volenti o nolenti, dobbiamo fronteggiare la concorrenza di Cina, India (e senza andare tanto lontano, Turchia e Tunisia dove i celoduristi del nordest stanno delocalizzando il fu "Made in Italy").
Al contrario andrebbe investito molto di piu' in capitale umano (ergo, piu' università e qualificazione professionale!), visto che la CONOSCENZA piu' che la manodopera è il valore aggiunto del nostro paese (e in tutto l'occidente).
Non che tutti debbano diventare ingegneri, ma dei tecnici e professionisti in piu' aiuterebbero il nostro paese molto ma molto piu' che un calzolaio o un tassinaro.
Un'altro appunto: non sono assolutamente d'accordo con la selezione alle scuole superiori. Ci sono decine di persone (le ho conosciute) che nonostante risultati mediocri e zoppicanti al liceo sono poi riuscite ad eccellere all'università. Per gli sgravi ai piu' meritevoli sono ovviamente d'accordo, visto che gli strumenti per una valutazione oggettiva in questo caso ci sono.
Ultima cosa: dite giustamente che andrebbe superato lo snobismo verso il lavoro manuale, ma voi del Movimento andreste a fare i muratori? O chi si ritiene intellettuale deve decidere per gli altri, con dei criteri che poi a se stessi non si applicano?
Caro anonimo, affermi presuntuosamente "ma voi del movimento andreste a fare i muratori?" senza neanche conoscerci! è buona creanza sapere ciò di cui si (stra)parla per evitare di cadere nel ridicolo.
RispondiEliminaPer dovere di cronaca uno di noi fa l'operaio, si sveglia ogni mattina alle ore 6 e si è laureato(in tempo e mantenedosi gli studi da solo) in Lettere Classiche con 110.
Per quel che mi riguarda ho lavorato diverse volte, l'ultima delle quali come cameriere.
"chi si ritiene intellettuale" non siamo certo noi, che condividiamo interessi e passioni nel nostro piccolo, ma i salottieri radical-chic della sinistra illuminata, che troppo spesso si ritengono gli unici portatori del Verbo(e li ho conosciuti).
Gente della stessa risma dei baroni universitari che rovinano l'insegnamento con concorsi truccati e assenze spudoratamente reiterate(e li ho conosciuti).
Vorrei che a decidere per gli altri fosse una classe dirigente degna di questo nome e realmente vicina al Popolo, come non se ne vede dai tempi del Figlio del fabbro(lavoro manuale!)
Nessuno ha MAI affermato che una società debba basarsi sui manovali, però servono anche loro.
Non possiamo pensare di campare ad oltranza sulla delocalizzazione e lo schiavismo agli immigrati se vogliamo rimanere( o tornare ad essere) una Nazione degna di questo nome. Qui il problema investe tutta la società e un sistema che propina modelli inarrivabili e uno stile di vita consumistico denobilitando qualsiasi forma di lavoro di fatica.
Una comunità sana e solidale deve far prevalere sul "valore-ricchezza" il "valore-uomo" e non si deve vergognare di dire ai cittadini che "la Patria si serve anche facendo la guardia a un secchione di benzina".
L'odierna percentuale di laureati in Italia è bassa, non quella degli iscritti!
Non sarà un numero ancora maggiore di iscritti a cambiare le cose, ma una QUALITA' maggiore!
Chi perde troppo tempo o non manifesta spiccate attitudini dovrebbe volgere il suo sguardo altrove, non cercare di laurearsi a tutti i costi( magari al dams...e li ho conosciuti!)
Per il discorso sui privati è giusto che si creino contatti tra l'università e il mondo del lavoro (imprese), in modo che i privati stessi possano finanziare, specialmente per le facoltà come fisica economia medicina ecc., ricerche ad hoc che non siano avulse dalle richieste reali del mercato. Tuttavia non possiamo certamente lasciare, come in ambito anglosassone, tutto in mano ai privati, altrimenti la cultura verrebbe mercificata: e questo per noi è inaccettabile.
Sicuramente le persone da te citate che "zoppicavano" al liceo non erano mediocri in tutte le materie, ma avevano manifestato qualità nell'ambito a cui poi hanno dato seguito all'università! eppoi le eccezioni non fanno la regola...
Per finire, un reale(e forse utopico) miglioramento si otterrà solo con tempo,volontà e ben sapendo che bisognerà intervenire su tutta la società.
"istituzioni nuove con uomini vecchi non hanno mai prodotto rivoluzioni"