sabato 7 febbraio 2009

L’antifascismo è un’idiozia




L’antifascismo è un’idiozia. Qualsiasi gruppo politico che si identifichi solamente per essere in contrapposizione ad un’idea è inutile e debole.
Ecco il grido che si leva alto da CasaPound, in occasione della conferenza tenuta da Valerio Morucci, ex-brigatista rosso, proprio nella “tana” dei fascisti del terzo millenio.
Ciò che 30 anni fa sarebbe stato impensabile e che non è stato possibile neanche nel luogo di cultura e libertà per eccellenza quale l’Università, diviene realtà grazie all’impegno di un movimento dalle solide radici ma sempre all’avanguardia.

Pur presentandosi come “nemico”, Morucci pronuncia parole importanti per l’abbattimento degli steccati ideologici che da troppo tempo ingabbiano e frenano la passione politica delle giovani generazioni. «Io che ho discriminato e ostracizzato vengo qui a dire che nessuno dovrebbe essere mai discriminato».
La convinzione assoluta di essere nel giusto, di avere “la soluzione politica” ad ogni male, ha portato ad una vera e propria disumanizzazione del nemico. Una logica che ha avuto il suo triste e sanguinoso apice negli anni 70, e di cui si sono ravvisate tracce nei recenti avvenimenti di Piazza Navona.

Morucci, che già ai tempi della lotta armata si distinse per la ferma condanna di alcuni atti del suo stesso gruppo, quale l’omicidio dell’operaio Rossa, compie quindi un passo fondamentale per l’abbattimento di qualsivoglia odio politico. I presenti sono entusiasticamente d’accordo, altri un po’ meno.
Chi ragiona ancora per categorie, chi ha bisogno di un obiettivo da distruggere per trarre la sua legittimazione non può accettare queste parole e questi atti di pacificazione. Molti gruppi di sinistra e sinistra estrema, altrettanti giornali (in primis “La Stampa”) si sono affrettati ad insultare e “scaricare” Morucci, perché la rottura delle loro verità preconfezionate sarebbe stata insopportabile. Meglio allora tacciare il protagonista di essere un venduto o addirittura un “fascista di sinistra” per rinchiudere di nuovo la realtà dentro schemi obsoleti quanto falsi. «Non siamo uomini, siamo categorie».
Porre fine a questo modus cogitandi vorrebbe dire confrontarsi solo su iniziative concrete, positive, su ciò che si è e si vuole realizzare. E CasaPound, nella sua breve vita, ha costruito tantissimo, rinnovandosi senza meschinità e con il sorriso sulle labbra.

Questa conferenza ne è il fulgido esempio, giunta a coronamento di un percorso iniziato tanti anni fa, quando estremisti di opposte fazioni, come Oreste Scalzone, Gabriele Adinolfi e lo stesso Morucci, hanno iniziato a lavorare per raffreddare gli animi e porre fine a quei gesti e quegli slogans («camerata basco nero il tuo posto è al cimitero» vi ricorda qualcosa?) che tanto dolore hanno causato. Ad unirli furono dure esperienze quali latitanza forzata e anni di carcere.
Proprio dal libro dell’ex-brigatista sull’universo carcerario (Patrie galere. Cronache dalloltrelegge) è partito questo incontro, che ha visto molti giovani, intellettuali e giornalisti tra il pubblico e illustri ospiti sul palco. I contributi più coloriti sono giunti sicuramente da due ex-Lotta Continua come Giampiero Mughini e Ugo Maria Tassinari.
Quest’ultimo ha offerto provocatorie chiavi di lettura sugli ultimi avvenimenti dell’attualità: «La violenza odierna, dagli stupri etnici al rogo di Nettuno, nella sua insensatezza e ferocia fa rimpiagere la violenza fascista o rivoluzionaria anni ‘70, che almeno aveva un senso e delineava prospettive di un futuro migliore». Allo stesso modo chi assalta le gazzelle in cui sono rinchiusi gli stupratori romeni, non dev’essere etichettato come “violento fascista” ma come “giustiziere proletario”, applicando le categorie degli anni di piombo che volevano dipingere lo stupro del Circeo come chiaro esempio di modus operandi fascista.

Su un piano totalmente diverso è intervenuto l’istrionico Mughini, che ha offerto panorami un po’ troppo edulcorati sulla realtà italiana.
Le divergenze politiche sarebbero inutili perché, ad esempio, i miti dell’area fascista sono ormai patrimonio di tutta Italia: Berto Ricci «rende orgogliosa la Nazione», Julius Evola «fa parte delle cultura europea», Louis Ferdinand Céline «è tra i primi 5 scrittori del secolo»... quindi perché agitarsi tanto? (magari fosse vero, Giampiè!)
Gli anni 70, poi, per lui non hanno segreti: le violenze e le stragi sarebbero tutte da imputare ai gruppi estremi, senza il minimo coinvolgimento di servizi segreti, massoneria e potenze straniere! (questa si commenta da sola...)
Infine il semplice fatto che la conferenza sia stata possibile è l’evidenza di come viviamo in un paese libero, pur con le difficoltà di tutti i giorni. Ad ulteriore conferma di questo l’opinionista di Controcampo porta l’esempio della solidarietà trasversale del mondo politico a Mambro e Fioravanti. Per fortuna che Gabriele Adinolfi (in foto) gli ricorda di come essa sia arrivata solo dopo la loro “omologazione” (con annessa iscrizione al Partito Radicale), mentre diverso trattamento è stato riservato a Luigi Ciavardini, che non ha mai rinnegato le sue idee.

Al termine del confronto resta comunque l’unanime consenso sulla condanna della “logica di guerra anni ‘70” e sul necessario superamento dell’antifascismo.
Chiunque abbia idee e coraggio raccolga la sfida!

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2 commenti:

  1. C'è nei blog un sunto da appunti volanti del mio intervento. Vi metto appresso la scaletta che ho seguito.
    Ciao
    Valerio Morucci

     Carcere oggi è un’idea di contenimento ma anche di recupero devianza sociale
     Ieri con le stesse mura era un’altra idea. Le mura sono il contenitore dell’idea carcere
     Una domanda da porsi può essere quanto le mura influenzino comunque l’idea. Penitenziario=penitenza, pena=sofferenza: non è scritto da nessuna parte. E’ nelle mura?
     Concordo con chi nel passato ha sostenuto che le nostre idee, scelte e azioni, sono sì libere ma entro un quadro di fondo storico, culturale, politico
     Sarebbe perciò necessario riandare con giudizio critico a idee, scelte e azioni maturate in una diversa cornice storica. Soprattutto se hanno procurato tragedie
     Sono qui come uno che ha ferocemente discriminato e ora è discriminato: non uomo ma ex-terrorista, non il presente ma il passato
     Ma, soprattutto, sono qui come vostro nemico
     Vostre soluzioni di fondo per liberazione (o con Jefferson: per garantire la ricerca della Felicità) opposte alle mie idee
     Idee: non faccio più politica, scrivo libri
     Rappresento solo me stesso – e la mia storia; che ha il suo peso in quello che dirò
     Decisione facile, scelta meno. Ostracismi e condanne di tradimento
     Non ne ho tenuto conto - Ho la mia strada
     Però discorso difficile: molte sensibilità, molti piani di coinvolgimento. Troppe tragedie, troppi morti. Non c’è solo il passato ma anche il presente. Necessaria attenzione. No parole fuori luogo
     Sto combattendo battaglia per libertà di parola e contro ogni tipo di discriminazione
     Mai avuta abitudine non dire ciò che penso perchè ritenuto contro la mia parte. Mai ciecamente in una parte. Mai abdicato a libertà di pensiero, e di critica. La libertà non è mai contro la propria parte, se è davvero per la libertà. Critica a omicidio Rossa scritta su mio ultimo volantino BR.
     Io che ho ostracizzato vengo a dire che nessuno deve essere ostracizzato
     Nessuno può essere escluso dal consesso sociale. Anche se è recluso non è escluso.
     L’esclusione porta a discriminare fino al punto di cancellare l’altrui identità.
     Fino al punto di rendere nulla la dignità umana del nemico
     Fino al punto di poterlo uccidere per la sua semplice appartenenza al gruppo nemico
     Poterlo uccidere senza alcuna remora perché lo si è escluso dal genere umano riconosciuto
     Una sottospecie, uno scarto. Insetti preferibilmente. Bacarozzi è il termine
     Negli anni ’70 io ho aderito a questo schiacciamento nel nulla del nemico
     Ed è l’adesione a questo modello di annullamento del nemico che ha portato alle decine di uccisioni degli anni ’70
     E sono qui per dolermi di avervi aderito. Per compiere questo gesto che non è per me pratico ma intellettuale. Una sfida
     Non sono qui per fare storia, ma semmai per cercare di dire cosa secondo me c’era sotto
     Si dice che tra ‘rossi’ e ‘neri’ ci sia stata una guerra. Io credo di no. Non ha seguito le regole della guerra. Non si è ucciso il nemico che si aveva di fronte, ma anche nemici presi a caso nella strada
     Non era una logica di guerra. Più di ‘pulizia etnica’ verso un gruppo visto dalla lente di un razzismo ideologico
     Questo è ciò che avvenuto dalla mia parte. Quanto gli stessi schemi abbiano guidato le azioni dall’altra parte non sta a me indagarlo
     Io sono qui a riconosce la dignità di uomini ai miei nemici
     Per dire che se vi si può affrontare come nemici, non si può più avere come obbiettivo il vostro annullamento come esseri umani
     Qualsiasi avversario deve sempre godere del riconoscimento di dignità umana
     Non riconoscerla è razzismo, è logica di annientamento, di pulizia etnica o politica. Campi di sterminio e foibe
     Annientare, o discriminare, l’identità dell’altro non può essere considerato un ‘percorso identitario’: è razzismo
     La violenza che ne scaturisce è una violenza non umana, che non può mai essere considerata ‘giusta’
     Non riconoscerla ha portato alle più grandi tragedie dell’umanità. La disumanità parte da qui. Non da quel che si fa all’altro ma, prima, da ciò che gli si toglie
     Credo che i nostri percorsi su questa terra siano complessi e che, bene o male, seguano una strada. Io sono stato contrario all’uccisione di Moro perché era un prigioniero. Cioè, per me, un nemico inerme. In quella condizione prevaleva sul suo essere nemico il suo essere uomo, la sua dignità di uomo. Alla sua attività di politico la sua premura di uomo per la famiglia. Non si può uccidere un prigioniero. E’ un atto disumano anche per chi ha già scelto di uccidere i propri nemici
     E queste sono le parole messe sopra a un rigurgito della coscienza. A un malessere fisico per quello che stava avvenendo. Poi la ragione ha seguito la coscienza. E al termine di una lunga e perduta battaglia per cercare di riportare indietro la macchina di morte delle BR, ho condannato l’omicidio di Guido Rossa. Perché era disumano e aberrante uccidere un operaio. Non solo uccidere il nemico, ma uccidere dalla propria parte. Doppiamente aberrante
     Questo, nel suo senso di fondo, è quello che avrei voluto dire agli studenti della Sapienza. E infatti l’incontro era su “Cultura violenza memoria”
     Il Rettore Frati non si è curato di sapere cosa avrei detto. E, in effetti, non avrebbe dovuto curarsene affatto. Perché c’è libertà di insegnamento e non poteva censurare le scelte di un professore. Perché io non sarei dovuto andare all’Università ‘malgrado’ fossi stato un assassino ma, al contrario, proprio per quello.
     Perché le Università sono luoghi di vaglio di esperienze, informazioni, testimonianze al fine di formare i saperi, le conoscenze. Dati né negativi né positivi, né rossi né neri né bianchi. Lo scarto è nel vaglio, nel confronto. Le Università o sono luoghi di sfida delle convenzioni, del già acquisito o non sono niente. Sono morte
     Le Università sono luogo sacro. Come lo erano le chiese che davano ricetto agli assassini
     E infatti leggendo i Vangeli risalta che il punto di vista di Cristo è sempre quello dei carnefici, dei peccatori
     A questo punto spero che si capisca perché sono qui. Perché cerco di dare voce e argomenti alla battaglia di libertà di parola, di espressione, di critica. Per tentare di fermare la deriva di discriminazioni e razzismo

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  2. Grazie mille, sig. Morucci, per la segnalazione.

    Saluti!

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