mercoledì 23 giugno 2010

Lo spirito moderno del Calcio antico

27 Guerrieri con Firenze nel Sangue


di Saverio di Giulio (CasaPound Firenze)


C’era una volta la «Sferomachia» che poi divenne «Harpastum», modi rudimentali di gioco del pallone che avevano funzione aggregativa e formativa nell’antica Grecia e nell’Impero Romano, dove a cimentarsi in questo meraviglioso sport guerriero erano soprattutto i legionari.

A regalare alle nostre generazioni il gioco del pallone in molte delle sue forme attuali, però, furono i cittadini di Florentia, che intorno al 1400 inventarono l’attuale CALCIO STORICO FIORENTINO iniziando a praticarlo senza distinzioni di classe sociale. Nei quartieri, nelle piazze e perfino nelle vie più impervie del centro storico della città. Il Calcio a Firenze diventò in breve tempo uno dei momenti più importanti di aggregazione trasversale, era un passatempo che temprava il corpo e la mente ai più giovani come ai più vecchi.
Ben presto divenne dunque sport «ufficiale» della città di Firenze, e si giocavano diverse partite durante l’anno in tornei che si svolgevano nelle maggiori piazze fiorentine. Ma il Calcio Fiorentino non fu solo passatempo e sport, fu molto di più: assunse in alcuni casi una valenza determinante per le sorti della città o, perlomeno, per quell’orgoglio fiorentino che solo chi è nato qui, nella culla del rinascimento, può capire.
Nel 1490 infatti la partita fu giocata sullArno ghiacciato, come a ridere in faccia alla calamità che aveva colpito Firenze. Ma è nel 1530 che il calcio visse il suo momento più importante e divenne simbolo assoluto della città di Firenze. In quell’anno, infatti, si decise di giocare nonostante la città fosse assediata dalle truppe di Carlo V e fortemente provata dalla mancanza di cibo. Si giocò per scherno verso il nemico e per orgoglio, per dimostrare che Firenze nel suo spirito non potrà mai essere piegata.

Purtroppo però nel 1739, con l’annessione di Firenze all’Impero asburgico, il calcio subì due secoli di stop... ma solo ufficialmente, poiché rimase scolpito nel cuore dei cittadini che continuanoro comunque a praticarlo fino al 1930, quando Alessandro Pavolini decise di restituire alla città questa tradizione secolare mai dimenticata che, come era prevedibile, riprese subito vigore arrivando sana e forte fino ai giorni nostri.


Già... i giorni nostri...


Viaggiando nella storia di Firenze mi ero quasi dimenticato la motivazione che mi ha spinto a scrivere questo articolo, del quale avrei fatto volentieri a meno. Eh sì! Perché, pur non essendo tornati gli Asburgo, il Calcio Fiorentino da quattro anni ormai non riesce a trovare pace.

Il perbenismo, lipocrisia, la falsità, il buonismo, il politically correct di questa società sembrano essere più forti delle ghiacciate o degli assedi. Ed ecco quindi il sindaco Renzi che rimbalza le responsabilità della malagestione del calcio a destra e manca, in un maldestro tentativo di salvare la faccia, la questura che si ostina a non cedere sulle assurde regole imposte, adatte più a una gara di balletto che a una partita di calcio in livrea, qualche paladino dellantifascismo militante che non resiste all’indole di andare sempre contro tutti e tutto, definendo il calcio

«un pallone travestito connotato da una rissosità proverbiale e demente».

Noi preferiamo invece stare dalla parte di chi su quel campo, e non solo, ha dato anima e corpo affinché questa nobile tradizione potesse ancora vivere nei secoli dei secoli! Scegliamo di sostenere il Calcio Storico Fiorentino, simbolo della fiorentinità, sempre più messa a dura prova dal multiculturalismo e dalla globalizzazione. Combatteremo per il Calcio in livrea perché non vorremmo soltanto vederlo in Piazza Santa Croce tre volte all’anno, ma lo vorremmo nei quartieri, nelle piazze, per le strade del centro e delle periferie. Vorremmo che potesse sostituire la play station e la televisione nei pomeriggi dei ragazzi. Perché il Calcio Storico è patrimonio di Firenze e di tutti i Fiorentini, e nessuna «autorità» potrà mai arrogarsi il diritto di fermare la Storia. Rivogliamo il Calcio Storico e lo pretendiamo così come ce lo hanno insegnato: rude e virile, leale e spirituale, poetico e leggendario, come lasciatoci in dono dalla Firenze che fu.


Rivogliamo i 4 colori,
«27 guerrieri con Firenze nel sangue»!


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lunedì 21 giugno 2010

martedì 15 giugno 2010

giovedì 10 giugno 2010

Perché ci piace Rino Gaetano



di Renato Montagnolo (Blocco Studentesco Prato)


La notte tra il 1° e il 2 giugno 2009 CasaPound Italia celebra Rino Gaetano con migliaia di manifesti e striscioni affissi su tutto il territorio nazionale.
Un anno dopo l’associazione ripete l’iniziativa nelle città di Prato e Lamezia terme.
Qualcuno potrebbe domandarsi, perché proprio Rino Gaetano?
La risposta è semplice: perché ci piace!

Rino Gaetano, dopo essere finito nel dimenticatoio per anni, è ultimamente «tornato di moda»; internet ha permesso alle nuove generazioni di conoscere questo genio della musica italiana.

I testi delle sue canzoni colpiscono perché parlano di problemi sociali, di vita reale, attaccano i personaggi cult della nostra società (gli Agnelli, i Costanzo, gli onorevoli e i senatori, ecc.), ma lo fanno in modo leggere, scanzonato, irriverente e divertente, in un modo che lo differenzia dai vari Guccini e De André.

Rino Gaetano ci piace per questo, perché è un artista popolare (ovvero del popolo), perché le sue canzoni nascono nelle strade e nelle osterie, perché prendono spunto – come lui disse più volte – da frasi dette da gente comune davanti a un caffè o a un bicchiere di vino.

Ci piace perché, nella migliore delle ipotesi, viene snobbato mentre, in altri casi, viene addirittura screditato e infangato (un esempio ne è la fiction trasmessa dalla RAI) dall’élite della canzone italiana e dai media.

Ci piace perché era un Uomo Libero, non riconducibile a nessun partito, un artista anarchico che aveva il coraggio di attaccare tutti e tutto, che già 40 anni fa si scagliava contro coloro che avrebbero dovuto portare avanti le istanze del popolo.

Ci piace quando parla delle fabbriche e del «lavoro di catena che curva a poco a poco la tua schiena», quando parla di «sub-appalti e corruzione e bustarelle da un milione», quando parla di «politici imbrillantinati che minimizzano i loro reati» (quant’è attuale Rino!!), ma anche quando si incazza e dice che «con la mia guerra voglio andare ancora avanti e, costi quel che costi, la vincerò non ci son santi», oppure cerca in ogni cosa «uno spunto per la rivoluzione»; ci piace quando urla «la festa è finita, evviva la vita!», perché sembra volerci dire che i problemi si affrontano senza piangersi addosso.

Ci piace, in tre parole, perché era un Artista Libero e Rivoluzionario.

Non mi voglio dilungare ulteriormente: potrei analizzare i suoi testi oppure parlare della sua morte e degli ospedali che non hanno potuto curarlo, ma lo farò in un’altra occasione.
Oggi non mi va, oggi c’è il sole, oggi «il cielo è sempre più blu!».

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