lunedì 19 gennaio 2009

L’utopia di una scuola pubblica nella Grecia classica


Il primo filosofo e uomo politico ad intraprendere iniziative relative all’allargamento dell’istruzione verso un pubblico sempre più vasto, secondo una tradizione riferita dallo storico Diodoro Siculo, sarebbe stato Caronda di Catania, il semimitico autore delle leggi di Turi nel VII sec. a.C.; il legislatore avrebbe fatto varare, fra gli altri, un provvedimento secondo il quale i figli di tutti i cittadini avrebbero dovuto imparare le lettere e che le spese della loro istruzione avrebbero dovuto essere pagate completamente dalla città. Aneddoti come questo aiutano certamente a cogliere un cambiamento circa le modalità dell’istruzione fra l’età classica e l’età ellenistica, e di un più generale approccio alla problematica pedagogica.

Nella Grecia dell’età classica l’istruzione era una questione essenzialmente privata. Soltanto le famiglie che avessero avuto un’adeguata disponibilità economica sarebbero state in grado di impartire un’educazione ai propri figli, rivolgendosi comunque a maestri privati. In mancanza di una qualsiasi forma di monitoraggio pubblico (mancavano dei corsi di studio regolari intesi in senso moderno), l’educazione non mirava al conseguimento di un bagaglio di nozioni determinate, ma all’adesione completa ai valori della polis. All’interno di questo sistema, stabilire quanti possedessero le competenze necessarie per leggere un qualsiasi tipo di opera letteraria è difficile capirlo; l’ipotesi più probabile è che comunque questo bagaglio di competenze si restringesse alle classi egemoni, le uniche a possedere la disponibilità economica indispensabile, e che quindi riguardasse un numero ristretto di individui.

L’interesse verso l’allargamento dell’istruzione comincia ad avvertirsi alla metà del IV sec. a.C.




I primi segni di questo processo sono inizialmente limitati alla speculazione teorica e sono ravvisabili nella riflessione filosofica di Platone, in cui, nei dialoghi della maturità, quali ad es. la Repubblica, le osservazioni pedagogiche proposte fino a quel momento diventano funzionali alla costituzione dello Stato ideale continuamente cercato. Dalla tarda antichità ci è pervenuta la notizia per cui sul portone dell’Accademia era esposta questa frase come epigrafe: ΑΓΕΩΜΕΤΡΗΤΟΣ ΜΗΔΕΙΣ ΕΙΣΙΤΩ («non entri chi non è geometra»), e ciò in virtù della selezione da affrontare per poter raggiungere le vette dell’educazione, cui solo il filosofo può aspirare. Tuttavia, quand’anche l’epigrafe risultasse essere solo una finzione poetica creata dai rètori ellenistici, la massima esprime in modo assolutamente perfetto il programma che Platone metteva in atto nell’Accademia, per cui la scienza del numero costituiva lo sbarramento per poter raggiungere la sfera dell’intelligibile e contemplare l’Essere. Al fine di costruire una città il più possibile ordinata, Platone fornisce alcune indicazioni concrete in tal senso, contenenti molte novità rispetto alla tradizione precedente, come l’insistenza in più di un luogo della sua opera di pianificare per legge un aumento del numero degli alfabeti.

La trattatistica politica successiva continua a confrontarsi con il problema dell’educazione, come riflesso delle esigenze delle nuove realtà statali createsi dopo la morte di Alessandro Magno (323 a.C., in foto). Nei regni dei diàdochi, infatti, caratterizzati da un alto tasso di burocratizzazione e da un conseguente aumento del numero dei documenti, gli analfabeti erano penalizzati rispetto a chi possedesse un alfabetismo anche solo funzionale. Il filosofo Aristotele dedica all’argomento la fine del VII e tutto l’VIII libro della Politica, purtroppo giunto a noi in forma incompleta. Quest’opera, nonostante un’impostazione teorica meno ambiziosa, pone l’educazione al centro delle preoccupazioni politiche di un governante: «nessuno potrà contestare che il legislatore debba adoperarsi al massimo grado per garantire l’istruzione dei giovani». Tutto ciò implica che l’istruzione sia garantita a tutti e pubblica: «non come accade oggi che ognuno si prende cura privatamente dei propri figli e fornisce loro, in privato, l’istruzione che preferisce». Quest’idea inizia a trovare accoglienza sempre più vasta presso altre scuole filosofiche ellenistiche, cui sono dedicati un ampio numero di trattati specialistici: il Perì paidèias (“Sull’educazione”) che Sozione annovera tra gli scritti di Aristippo, i Paudeutikòi nòmoi (“Le regole dell’educazione”) di Aristosseno e, non ultimi, il Perì tès Ellenikès paidèias (“Sull’educazione ellenica”) di Zenone, e il Perì agoghès (“Sul percorso educativo”) di Cleante.

Tuttavia, nonostante l’interesse mostrato verso questo tipo di esigenze, avvertite da strati sempre più ampi della popolazione, l’accesso all’istruzione non raggiunse mai soluzioni di massa, come nei tempi attuali, ma fu patrimonio esclusivo di un’élite politico-militare di volta in volta al comando.

Lo stesso avvenne ad Atene, madre legittima della genuina e autentica democrazia, in cui, sebbene l’alfabetismo fosse lievemente più diffuso che in altre poleis elleniche, una scuola pubblica capace di formare il cittadino politicamente capace non vide mai la propria nascita. Non a caso Socrate (in foto) – antidemocratico viscerale – lamentò più volte il mal costume proprio dei sofisti, i quali attiravano i rampolli delle più nobili schiatte della città al fine di essere remunerati in cambio di lezioni private. E la retorica sofistica era arma assai preziosa in un sistema assembleare e formalmente paritetico quale quello ateniese.

Anche nell’Atene democratica, dunque, l’istruzione – o meglio la “precettura” – fu esclusivo appannaggio delle classi abbienti ed egemoni, le reali, benché inconfessate, detentrici del potere politico.

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4 commenti:

  1. complimenti, serve qualcuno che ricordi che la civiltà è una conquista e non un diritto. Avrei piacere con il vostro permesso di mettere sul mio blog un paio di vostri post: questo e la parte che riguarda Gentile, posso?
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  2. Assolutamente si! prendi tranquillamente gli articoli che ti interessano quando vuoi...per noi è un piacere!
    Quello che che chiediamo è solamente di informarci e mettere il link del nostro sito come firma;)!

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  3. Complimenti davvero per l'ottimo articolo. La conquista di un diritto - farsa come quello democratico ha illuso le masse di contare qualcosa, senza garantirgli gli strumenti necessari per esercitare questo supposto potere...ed ecco che ad oggi il voto si palesa per quello che è: bene di consumo politico di massa!

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  4. Grazie dei complimenti!
    Cmq faccio presente che a marzo ci sarà un lungo ciclo di articoli dal titolo "Critica alla Democrazia". Ne vedremo delle belle.
    Se qualcuno di voi ragazzi vuole partecipare con qualche articolo, siete più che benvenuti!

    Avanti autocarri!

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