mercoledì 19 novembre 2008

Guardarsi indietro per andare avanti

Sembrava che al di sopra delle divisioni un vasto raggruppamento nazionale e sociale cominciasse a determinarsi e le anime semplici ne deducevano grandi speranze

Quando il 6 Febbraio 1934 a Parigi marciano uniti estrema destra ed estrema sinistra, il poeta e saggista francese Robert Brasillach intravede l’inizio di una rivoluzione nazionale contro il Parlamento corrotto e il vecchiume partitico. Le sue speranze cadono sotto i colpi della polizia francese, che uccide 22 manifestanti.
Da quel giorno Brasillach consacra il suo cuore e la sua penna al servizio di ciò che crede l’unica soluzione per l’avvenire della Patria: il Fascismo.
Egli ravvisa nell’esperienza italiana la sintesi necessaria tra nazionalismo e socialismo, antidoto ad ogni conflitto interno. Da qui nasce il mito del “Fascismo immenso e Rosso” carico di antiborghesismo, Volontà, irriverenza ed ostile ad ogni pregiudizio di classe.
Ma ciò che più lo affascina, e che vorrebbe anche per la sua Francia, è il mito della Giovinezza, traboccante di entusiamo e di gioia: «il giovane fascista che canta, marcia, lavora e sogna è innanzitutto un essere allegro».


Purtroppo gli avvenimenti tradiscono le sue speranze: la Francia entra nel secondo conflitto mondiale e Brasillach si fa addirittura arrestare per “pacifismo”, essendo contrario all’intervento e imputando le responsabilità della guerra soprattutto alla Gran Bretagna. Per amor di Patria parte comunque al fronte per tornare durante il regime “collaborazionista” di Vichy. Qui scrive molti articoli a favore di un’intesa franco-tedesca. Sono pagine che hanno fatto «più male alla resistenza francese di un intero battaglione della Wehrmacht» a detta del tribunale speciale creato nel 1945 dai “liberatori” anglo-americani e da De Gaulle. Ed è con questa incredibile accusa che il Poeta viene condannato a morte. Al pronunciare della sentenza uno spettatore tuona «È una vergogna!». «No, è un onore!» afferma Brasillach.

A poche ore dalla fine il suo pensiero va a quel giorno che, 11 anni prima, infiammò il suo spirito e unì tutte le coscienze rivoluzionarie del paese:

Ai morti di Febbraio

Le ultime fucilate continuano a lampeggiare

Nel giorno indistinto là dove sono caduti i nostri

Con undici anni di ritardo sarò, dunque, fra voi?

Penso a voi, stasera, o morti di Febbraio!

«Si dice che la morte, come il sole, non possa guardarsi in faccia. Tuttavia ho tentato. Non ho in me nulla di stoico, ed è duro sottrarsi a ciò che si ama. Ma io ho tentato pure di non lasciare, a quelli che mi vedono o pensano a me, una immagine indegna.
Ho pregato molto e so bene che è stata la preghiera a portarmi un sonno calmo. Il mattino il prete è venuto con la comunione. Pensavo con dolcezza a tutti quelli che amavo e a tutti quelli che avevo conosciuto nella mia vita, e pensavo con dolore al loro dolore. Ma mi sono sforzato il più possibile di accettare».


Il 6 Febbraio, data simbolo con la quale il Potere vuole enfatizzare la propria vittoria, Robert Brasillach è condotto alla fucilazione.
Con un grande poeta scompaiono i sogni di Libertà dell’Europa intera.

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