giovedì 14 gennaio 2010

Ernst Jünger: L’Anarca

Nel pensiero di Ernst Jünger, a partire dagli anni ’60, la concezione del Ribelle si evolve man mano, confluendo in quella dell’Anarca, ovvero da una concezione etica di resistenza attiva e anti-sociale, si passa a una concezione etica più ampia di resistenza passiva e a-sociale. Infatti, l’epoca storica si avviava ad essere destinata non più alla mobilitazione totale, ma alla ripetizione di periodi cesaristici e diadochici ormai privi di storia, già prefigurati nel cesarismo spengleriano, e del tutto calzanti ai nostri tempi. In quest’ottica, si rovescia perciò anche il modello proposto: da un uomo che è bandito dalla società, a un uomo che ha bandito la società da se stesso.

Al di là dell’evoluzione di pensiero determinata dal cambiamento della situazione storica, con l’avanzata dilagante del nichilismo (crisi nucleari, conflitti di decolonizzazione, Contestazione) non bisogna neanche trascurare l’ampliamento delle conoscenze di Jünger, dovuta per esempio allo studio delle religioni e delle tradizioni orientali proprio al periodo di collaborazione con Mircea Eliade alla rivista «Antaios», da loro due fondata, il che suggerisce e spiega gli spunti di connessione dell’Anarca con certe dottrine orientali, come il Tao.

L’opera fondamentale sull’Anarca, in cui questa figura è rappresentata e teorizzata, è il romanzo criptostorico Eumeswil (1972), il libro conclusivo di una trilogia narrativo-simbolica che si snoda da Auf den Marmorklippen ad Heliopolis, descrivendo le tre diverse fasi dell’affermazione della modernità, ovvero dal rovesciamento dell’ordine tradizionale alle lotte interne per il potere, fino allo stabilirsi di un nuovo ordine totalitario tirannico-demagogico.

Nella città-stato postmoderna di Eumeswil, contesa tra l’alternarsi di oligarchie tribunizie e dittature personali, vive e si racconta Martin Venator, assistente e studioso di storia all’università e al contempo steward privato del Condor, il tiranno che domina la città. Questa vicinanza al potere è vissuta in modo esterno come un’occasione preziosa di apprenderne i meccanismi, in funzione della sua attività di storico, e tuttavia comporta tutta una serie di pericoli che il protagonista prende in considerazione. Dalla sua figura e dai suoi pensieri, emerge quindi il ritratto dell’Anarca jüngeriano. L’intreccio è in realtà limitato a un lungo monologo del protagonista che descrive estesamente la situazione e i suoi pensieri, fino a giungere all’improvviso finale.

Jünger constata come in ogni uomo vi sia al fondo un principio anarchico e libertario, in modo simile all’Unico di Stirner, da cui l’Anarca si distacca però in quanto cosciente della sua libertà. Egli è totalmente indipendente, sia sul piano politico, sia su quello intellettuale e spirituale. Il suo approccio è quello spensierato e ludico del fanciullo nietzscheano, per cui il dovere è affrontato come una vacanza, e il riposo come una veglia, rimanendo continuamente presente a se stesso. Così, egli potrà sempre mantenersi libero dagli impegni della società. Questo non significa però ch’egli non può parteciparvi, anche emotivamente, ma semplicemente che manterrà sempre la sua libertà di giudizio e d’azione e una riserva di fondo, che gli consenta di declinare il proprio impegno, qualora questo non gli sia più accettabile moralmente.

La morale dell’Anarca non è un codice rigido, né un legame esterno, ma è strettamente autonoma e non codificata. L’unica autorità ch’egli riconosce è se stesso, oltre al diritto di ciascun altro individuo a porsi come Anarca. Per mantenersi puro rispetto a influenze esteriori, è sempre opportuno dunque un certo distacco, e una visione della realtà obiettiva, come quella di uno storico. Lo studio della Storia diventa istruttiva perché permette di storicizzare ogni attualità e considerarla in maniera neutra, così come rivela le regole e i meccanismi della politica e delle leggi.

Infatti, come sottolinea in più passi Jünger, l’Anarca è ben differente dall’anarchico: quest’ultimo è impegnato politicamente e socialmente, e pur disprezzando le norme della società, egli riconosce l’autorità, dal momento che vi lotta contro; di fatto, l’anarchico è bloccato dai pregiudizi e dai valori cui aderisce. Ben diversamente, l’Anarca mantiene una serena adesione e una costante vigilanza, tali da poter partecipare liberamente alla società, ma senza legami o costrizioni di sorta.

Il suo rapporto con l’autorità non è conflittuale, dal momento che egli stesso esercita autorità su se stesso. La sua libertà interiore è la stessa di un Cesare sopra i propri domini. Sa di avere ogni diritto, compreso quello di uccidere se stesso. Grazie all’analisi storica ha imparato come governare se stesso e come sono governati gli uomini. Così, egli accetta la società, ben sapendo che la sua libertà non dipende dalle libertà materiali.

In conclusione, si può osservare che l’Anarca, rispetto al Ribelle, non costituisce un cedimento o una ritirata. È sbagliata infatti la contrapposizione tra uno Jünger giovane e ribelle e uno Jünger invecchiato e imborghesito proposta da Evola, il cui Cavalcare la Tigre molto ha in comune con lo Jünger postbellico. Al contrario, il passaggio al bosco è solo una delle possibilità dell’Anarca, il quale prende le mosse dal Ribelle, ma – con una maggior coscienza del totalitarismo odierno e un declinare dell’ottimismo da parte dell’autore – questo nuovo tipo umano sviluppa queste problematiche a un livello più profondo e più elevato, dal momento che ha raggiunto un’ancor più piena libertà interiore.

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2 commenti:

  1. E tuttavia, la teorizzazione della figura dell'Anarca non costituisce, nella biografia intellettuale di Jünger, un approdo di tipo contemplativo o ascetico (laddove il "Cavalcare la tigre" di Evola è la descrizione di una via improntata al non-agire in modo piuttosto chiaro). Venator è ancora un combattente, mi pare...

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  2. Grazie, Augusto! Sono troppo poche le persone che si interessano di questa tema Jüngeriana - anche se è quella più importante. E sembra che Lei ha capito anche molto bene il concetto.

    Speriamo di vederLa a Firenze un giorno!

    Saluti,

    Associazione Eumeswil

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