Risorgimento italiano. Una pagina fondamentale della nostra storia, che ancora oggi presenta molti lati oscuri non mancando di suscitare polemiche e dibattiti. C’è chi difende l’operato dei Savoia e chi, al contrario, ne contesta aspramente la legittimità, difendendo a spada tratta il Sud martoriato.
Se pur è vero che al meridione i piemontesi si macchiarono di crimini e atrocità (basti pensare alla legge Pica, che permetteva di giustiziare un “brigante” sulla base del semplice sospetto), comportandosi spesso come veri e propri colonialisti, la chiave di lettura più saggia deve rintracciare le spinte ideali che infiammarono quel periodo per trarne gli spunti ancor oggi attuali.
A fronte di una casa Savoia ingorda, miope e manovrata dalla Francia e dalla Massoneria inglese c’è un Risorgimento-movimento (traendo spunto da De Felice) costituito dalla spontanea rivolta popolare. E queste istanze realmente rivoluzionarie sono incarnate da Luciano Manara, Goffredo Mameli, Giuseppe Mazzini, la Giovine Italia, le Camicie Rosse e la Repubblica Romana, dall'eroismo delle rivolte di Brescia, Venezia e Milano.
Al di là delle diverse reazioni (e dei diversi progetti) che ogni regione italiana ebbe di fronte all’unificazione, sono questi esempi il cuore pulsante di un’avanguardia nella quale possiamo rintracciare tutte le caratteristiche di una Nazione degna di questo nome. Purtroppo fu sostanzialmente tradita dalle circostanze avverse, e dovrà aspettare il primo conflitto mondiale per trovare completa realizzazione.
Infatti la Prima Guerra Mondiale viene vissuta come Quarta Guerra d’Indipendenza da tutti quei combattenti, intellettuali ed artisti che riprendono il “filo rosso” del processo rivoluzionario interrotto 60 anni prima. Vittorio Veneto è il simbolo del riscatto del popolo italiano. Il Risorgimento viene portato a termine dal figlio di questi eventi, il Fascismo, che ne raccoglie l’essenza più pura e si afferma prepotentemente “sanando” tutte le ferite ancora aperte della Nazione. Viene ridata dignità al Sud, nel nobile tentativo di “fare gli italiani”, senza distinzioni di classe ed ipocrisie. Viene riaffermata la leggittima vocazione mediterranea, che affonda le sue radici nel pensiero garibaldino e che fu ignominiosamente soffocata dall’Inghilterra. Proprio questo aspetto sarà uno dei fattori scatenanti il secondo conflitto mondiale.
Ma è soprattuto nei miti e nei simboli che si afferma la continuità: pochi giorni prima della Marcia su Roma, Benito Mussolini porta con sé l’ultimo garibaldino in vita, nel comizio di Piazza del Plebiscito a Napoli. Lo stesso Duce fonda qualche anno dopo il Museo del Risorgimento. Senza contare le affinità tra Carboneria e Squadrismo e soprattuto tra Repubblica Romana ed R.S.I.: Mazzini sarà l’asse portante della propaganda repubblicana impegnata nella strenua difesa dall’invasore alleato. Agli americani la strada viene spianata dal voltafaccia di quelle stesse entità che erano state all’origine del “Risorgimento tradito”: Trono e Altare. Il re e la Chiesa non perdono tempo nel passare al campo avverso, per la vittoria delle forze economiche che sin dalla Restaurazione avevano condizionato la vita dei popoli. In una parola: Il Capitalismo.
È questo il prezzo che il Regime paga per non aver saputo eliminare fino in fondo l’“antinazione”, i potentati internazionalisti massonici e clericali. Come già Garibaldi e Mazzini, il Fascismo scende a compromessi allevandosi delle “serpi in seno” che gli saranno esiziali.
Dalla fine della guerra ad oggi è proprio al trionfo di suddette forze che abbiamo assistito, anche se si cominciano ad avvertire i primi scricchiolii (la crisi economica ne è l’aspetto più evidente).
Nasce proprio dall’esigenza di affrontare nuove sfide e nuove crisi (che come abbiamo più volte ricordato significa “pericolo” e “opportunità” al tempo stesso) il bisogno di capire la storia al di là delle letture a senso unico. La cui matrice è spesso la “teologia illuminista” che Francesco Mancinelli ha mirabilmente descritto: «continuatrice sottile ed incosciente di quel monoteismo biblico che avrebbe voluto azzerare».
Il Risorgimento non dev’essere più questione di tifoserie inferocite, ma terreno di feconda Sintesi, sull’esempio dell’esperienza mussoliniana. Risulta così più che mai utile unire il prezioso lavoro di studiosi come Paolo Zanetov e Valentino Romano, che ci aprono gli occhi sul dolore del Sud, sul complesso fenomeno del brigantaggio e su figure luminose come José Borjès, a quello del succitato Francesco Mancinelli e di Gabriele Adinolfi. Due pensatori meta-politici fondamentali per capire le anime rivoluzionarie del periodo in esame, colte nella loro reale essenza. Tra di esse, spicca l’eroismo della Repubblica Romana, impareggiabile per consenso e valore culturale, oltre che esempio di pura italianità. Non è un caso che fu stroncata dall’esercito francese (con generali massoni), su richiesta del Papa Pio IX (!), rovesciando nei fatti la vulgata che la descrive come mera entità massonica. Anche su Garibaldi sono stati fatti tentativi denigratori, tesi a disconoscere il suo valore di uomo d’armi tacciandolo di viltà. È lo stesso meccanismo subdolo messo in atto con Che Guevara – come descrive ancora Adinolfi – che non deve resistere davanti alla forza del mito, irrorato dalla verità (basti menzionare la battaglia di Bezzecca del 12 Luglio 1866, momento di inarrivabile coraggio dei volontari garibaldini).
Sgombrato il campo dagli equivoci, possiamo ora approcciarci più serenamente alle vicende di quegli anni lontani, i cui strascichi polemici non mancheranno di animare nuovi dibattiti. Il tutto senza perdere la centralità del valore unitario della nostra Patria, ricordandosi che «non esistono questioni meridionali o settentrionali, ma questioni nazionali».
Voler giustificare a forza un qualcosa che non esiste è come arrampicarsi sui vetri. Il "risorgimento" lo fu del Piemonte che si è rifatto rapinando le ricchezze del Sud. L'Italia - come nazione - non è mai esistita: sono diverse le origini dei popoli. L'unica cosa certa è che il Sud rimane sempre una colonia delle cosche piemontesi-lombarde-liguri. La mia Patria è e sarà sempre il Regno delle Due Sicilie
RispondiEliminaEd è per questa ragione, caro Antonio, che molti Italiani del nord, i cui padri e nonni hanno combattuto per strappare i lembi di terra che ora chiamiamo Italia al dominio Asburgico vi disprezzano come uomini e vi ritengono cittadini nord africani.
RispondiEliminaa Matteo dico che sul Carso non c'erano "Italiani del nord" ma Italiani e basta.
RispondiEliminaa Pagano, che reca il cognome di un grandissimo precursore del Risorgimento, non dico nulla. cause perse.
saluti dal grande Sud.