Autore: Roberto Alfatti Appetiti (1967), giornalista de «Il Secolo d’Italia», esperto in comunicazione istituzionale e politica, appassionato di cultura popolare (narrativa, fumetti, ecc.), gestisce il weblog culturale L’eminente dignità del provvisorio, che raccoglie i suoi numerosi articoli su queste tematiche.
Edizione: autoprodotto (ilmiolibro.it), I libri de «Il Fondo», Roma 2011.
Recensione: Questo agile ma corposo volumetto – pubblicato per I libri de «Il Fondo», la rivista web dello scrittore anticonformista Miro Renzaglia – è costituito da una raccolta di articoli scritti da Alfatti Appetiti per «Il Secolo» e «Area» tra il 7 giugno 2006 e il 2 dicembre 2010, introdotta dal fumettista Roberto Recchioni e prefata dallo scrittore di fantasy Errico Passaro, tutti affini a quella destra libertaria che non rinnega il fascismo, rivendicandone la forza rivoluzionaria e l’eredità culturale. Negli articoli, l’autore spazia dai fumetti italiani della Bonelli all’iraniano Persepolis, da Andy Capp a Kriminal, da Max Bunker a Hugo Pratt, per cui il risultato finale è un avventuroso viaggio tra autori, personaggi, storie, temi del fumetto, questa grande letteratura popolare.
Alfatti Appetiti dichiara di muoversi in controtendenza, in reazione alla diffusa vulgata, più in voga nei decenni passati ma ancora in auge, che vedrebbe i fumetti come inutili, ed anzi dannosi, per i giovani, e comunque letteratura minore, di consumo. Sono rievocate le occhiate severe e indignate dei censori, fossero essi austeri accademici, sdegnati al pensiero che si potesse preferire Tex a Manzoni, o bigotti esponenti democristiani, preoccupati della scarsa moralità dei fumetti, o ancora arcigni funzionari comunisti, insospettiti dalla natura politicamente disimpegnata (e quindi qualunquista, e quindi “fascista”) delle «strisce».
Delle tre accuse, l’autore accetta la seconda, ma cambiandola di segno: il fumetto come luogo di critica all’ipocrita morale borghese e democristiana dell’italietta postbellica. Quanto alla prima, è tutto un reticolo d’intrecci, che egli traccia nei suoi articoli, tra la letteratura alta, specie quei romanzi (Verne, Stevenson, London, Salgari, Conrad, Jünger, Tolkien) un tempo altrettanto snobbati ed ora riconosciuti e apprezzati dalla critica, e la letteratura popolare, di cui il fumetto rappresenta uno dei mezzi maggiori; non già un pericolo che allontani i ragazzi dalla lettura, ma al contrario un incentivo a leggere. Molto più ampio è poi il risalto dato al rapporto tra fumetti e politica, che costituisce sicuramente il leitmotiv di tutto il libro.
Alfatti Appetiti dimostra come non è vero che il fumetto sia, in quanto letteratura popolare, tradizionalmente di sinistra, come rivendicato recentemente, e ricorda invece i sospetti e le difficoltà che circondavano autori e personaggi, spesso troppo ambigui e mai abbastanza impegnati per i critici di Partito. E raccontando i grandi personaggi del fumetto, come non soffermarsi su molte figure così facilmente seducenti per l’immaginario “di destra”, e non solo per quell’anarcofascismo romantico che sembra ispirare le gesta di tanti eroi di carta e inchiostro – dal marinaio Corto Maltese all’avventuriero amazzonico Mister No –, ma anche per l’anticonformismo guascone di certi antieroi «sfigati» e «antisociali», dal simpatico beone Andy Capp, allo sgangherato Gruppo TNT?
L’approccio cultural-politologico non si limita però a cogliere queste suggestioni – le quali, comunque, più che costituire una puerile «raccolta di figurine» di opposto colore, ricostruiscono comunque la diversa fortuna di personaggi e storie –, ma si spinge oltre, fino ad affermare che il fumetto, può essere sì puro (e legittimo!) disimpegno ed evasione, senza pretese pedagogiche o demagogiche, ma anche costituire un mezzo per approfondire tematiche importanti. Alcuni articoli sono particolarmente indicativi a questo proposito: come quello su Persepolis, fumetto di Marjane Satrapi che critica lo Stato e la società dell’Iran; oppure quello dedicato a Mater Morbi, l’albo di Dylan Dog (l’investigatore dell’incubo creato da Tiziano Sclavi) che affronta la difficile e problematica questione dell’eutanasia, criticato addirittura apertamente dal sottosegretario alla Salute Eugenio Roccella (il che dimostra come ormai anche il fumetto non passi inosservato).
In sintesi, pur non trattandosi di un’opera sistematica (ma perché dovrebbe per forza esserlo?), All’armi siam fumetti racconta, divaga, descrive, esalta il variegato mondo del fumetto, sia difendendo la sua natura libertaria e spensierata, sia rievocando le sue origini nobili, nella letteratura popolare moderna, e rivendicando inoltre una sua vocazione anche culturale, critica e – perché no? – militante. È proprio in base a queste premesse, che matura e acquista peso l’appello finale che l’autore rivolge ai lettori, in una recente intervista.
«Un appello, però, mi piacerebbe rivolgerlo ai miei coetanei: fate leggere i fumetti ai vostri figli. Io ne ho tre, maschi, e rappresentano un alibi inattaccabile per riempire gli scaffali di giornalini vecchi e nuovi. Introduceteli nel magico mondo delle nuvole parlanti. Che siano bonellidi o manga poco importa. Comprate gli albi in edicola o almeno tirateli fuori dagli scatoloni che le vostre signore hanno destinato alla cantina e inevitabilmente alla muffa. Tornate a Topolino, se è il caso, che funziona sempre. Non vergognatevi di questa vostra passione, siatene orgogliosi. Non arrendetevi di fronte all’incedere dei giochi elettronici. Resistere. Resistere. Resistere. Che non è solo un “verbo” della sinistra».
Nessun commento:
Posta un commento