venerdì 29 maggio 2009

L’incubo americano: Taxi Driver



«Ma dici a me? Ma dici a me? Ehi con chi stai parlando? Non ci sono che io qui!»


Il primo Martin Scorsese, quello più duro e autentico! Il regista newyorkese ci regala questa perla di grande cinema nel 1976. Taxi driver è la storia di un uomo triste e disperato, un reduce del Vietnam che, tornato alla vita nomale, fa una gran fatica a ritrovare la sua dimensione. Poco sonno, molta solitudine (a tratti veramente claustrofobica). Il malessere interiore di un uomo raffigurato sullo sfondo degli anni settanta. Dura critica alla società moderna, scritto da Paul Schrader (regista nel 1985 del film Mishima: una vita in quattro capitoli con colonna sonora del grande Philip Glass) e vagamente ispirato per lo stile della narrazione ai romanzi di Dostoevskij Memorie dal sottosuolo e Delitto e castigo.

Travis Bickle (un Robert De Niro in quella che probabilmente è la sua migliore interpretazione di sempre) trova lavoro come tassista per occupare le sue notti insonni; ha quindi modo di girare New York in lungo e in largo, esplorandone gli angoli più reconditi, e si accorge che anche in una città con più di 7 milioni di abitanti ci si può sentire soli…

Conosce una donna, Betsy, che lo respingerà contribuendo ancora di più alla sua discesa nel baratro. Travis è letteralmente disgustato dalla società che lo circonda, tanto che si trasformerà in un disadattato: un soggetto borderline che gira armato fino ai denti, che ce l’ha a morte con neri, hippie, omosessuali, da lui considerati il marcio della società.

Arriverà addirittura a pianificare l’omicidio di un candidato alla presidenza degli Stati Uniti, ma all’ultimo si tirerà indietro. Vagando senza meta, una sera come tante si imbatte nella giovane prostituta Iris (una giovanissima Jodie Foster), e si mette in testa di volerla salvare a tutti costi dalle grinfie del suo sfruttatore (Harvey Keitel). Ci riuscirà nella scena finale, il momento più ricco di azione di un film riflessivo e dai ritmi molto lenti. Anche Travis avrà quindi il suo momento di notorietà, finendo sulle prime pagine dei giornali.

Ma durerà poco: subito dopo infatti si ritufferà nel vortice della città che non si ferma mai, dove i rapporti sociali sono ormai azzerati, e dove le persone vagano in sarcofaghi di metallo lungo strisce d’asfalto.

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